La montagna ha sempre esercitato su di me un fascino ipnotico. Un ipnotismo che però non mi ha spinto subito, vuoi la poca disponibilità di chi mi stava vicino, ad accompagnare i miei passi su sentieri e rocce. Ma sono bastate alcune brevi, quanto sfiancanti, escursioni con mio nonno per accendere in me il sacro fuoco dell’escursionista. Poi ho scoperto la bicicletta che poteva portare in molto meno tempo le mie ossa su e giù per i sentieri e le strade di montagna, permettendomi così di ottimizzare il poco tempo che avevo a disposizione nel lavoro che mi ero scelto. Si sa la vita e gli anni passano e modellano le nostre menti e, soprattutto, i nostri corpi con i fregi o le cicatrici del tempo e dell’esperienza. Lasciata, anche se non del tutto, la bicicletta mi sono dedicato più che altro all’escursionismo, cambiando spesso meta per esplorare quanto più possibile la bellezza delle montagne, ai miei occhi vere e proprie scale verso il paradiso, che riempivano questo nostro Trentino di panorami naturali meravigliosi. Spesso purtroppo li ho visti sfregiati da orrende ferite architettoniche, frutto di calcoli esclusivamente economici e fantasie fuori luogo in contesti in cui la natura doveva fondersi e non contrapporsi al lavoro dell’uomo. Per questioni di tempo molto spesso le passeggiate mi portavano a cercare itinerari vicino casa ed è in questo momento che ho incontrato le pubblicazioni di Aldo Gorfer. Fra la fine degli anni ’80 e la metà degli anni ’90 del secolo scorso, quest’insigne uomo di cultura, amante della montagna, della storia e delle altre materie ad essa correlate si premurò di scoprire, o meglio, riscoprire alcuni itinerari che furono messi in funzione ed in fruizione del pubblico dall’Azienda Forestale di Trento e Sopramonte, che gestisce tutto il parco boschivo del Comune di Trento. Gli itinerari furono raccolti in 18 volumetti, ora purtroppo non più ristampati, ma ancora rintracciabili in biblioteca, corredati da cartine, foto e descrizioni particolareggiate per quel che riguarda gli aspetti storici, botanici e geologici del territorio limitrofo a Trento. Sono itinerari che vanno dall’ora di cammino fino a 5-6 ore e toccano più o meno la totalità del territorio del Comune. Alcuni sono stati recentemente riscoperti e proposti da Comune e A.P.T. nelle giornate del Trekking Urbano, annuale appuntamento in cui in molte città d’Italia si propongono itinerari escursionistici facili ed adatti a tutti che coinvolgono la conoscenza dei territori limitrofi alle città, unita poi a degustazioni di prodotti tipici che del territorio sono il frutto. Partecipando alle prime edizioni di questa manifestazione ed unendo ciò che avevo letto con quello che avevo scoperto sul territorio mi è venuta l’idea di mettere il tutto per iscritto in un libro di escursioni di vario genere e difficoltà con un unico denominatore comune: la vicinanza dei percorsi alla città-capoluogo e il raggiungimento dei luoghi di partenza, per quanto possibile, con i mezzi pubblici. Ce n’era bisogno? La riscoperta di ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e che, vuoi per la fretta, vuoi per l’ormai diffusa abitudine di prendere tutto così com’è senza chiedersi com’era, non viene più apprezzato nel giusto modo. In questa nostra epoca nevrotica e tendente alla velocità fine a sé stessa o a meri scopi economici, l’arte del camminare lento, del leggere i segni del passato sul territorio, del dedicare del tempo al puro piacere di stancarsi senza fini di lucro sembra non essere più apprezzata, specie dalle giovani generazioni. La stanchezza per loro deve avere per forza uno scopo ultimo che non può essere solo quello di ammirare un paesaggio dall’alto (per quello c’è Google Earth che ti fa girare il mondo in un secondo). Per me invece il suono del silenzio che caratterizza i sentieri di montagna, intervallato solo dalla cadenza ritmica dei passi sulla terra e tra le foglie è rilassante come una pennichella dopo mangiato. I rumori dei piccoli animali del sottobosco che ti fanno sobbalzare mentre il tuo sudore bagna il sentiero sono inflessioni stonate, ma piacevoli in un lungo e sereno discorso con l’inconscio. Potrei provare ancora a descrivere le sensazioni, non certo adrenaliniche ma pacate e rilassanti, la cui ricerca mi spinge verso i sentieri di montagna. Anche camminare tra i paesini abbarbicati sui rilievi o nascosti in amene vallette mi provoca sensazioni simili, a volte interrotte da sguardi indagatori della gente del posto che magari si chiede “chi el e ’sa voleralo quel furest?” (trad. Chi sarà e cosa vorrà quel forestiero?), chiudendosi poi spesso a riccio per non rischiare di compromettere la propria piccola isola di sicurezza. Ma il più delle volte la gente che si incontra sui sentieri ti saluta ed è molto disponibile a condividere la propria personale conoscenza della zona, quattro chiacchiere, un pezzo di pane o un po’ del contenuto della propria borraccia. Insomma, per facilitare ed invogliare qualcuno a mettersi gli scarponi in qualsiasi stagione e a farsi quattro passi con gli occhi ed il cuore aperti è nato questo libro. Che non vuole essere un manuale o un vademecum, ma solo una dichiarazione d’affetto per un territorio e uno spunto in più per uscire di casa con una meta che non dev’essere vincolata al proprio raggiungimento, ma che può essere posposta qualora il viaggio diventasse esso stesso una meta. Come dire: “Non chiederti dove vai e perché ci vai, semplicemente vai!”